La suinicoltura in Italia ha sempre rappresentato un settore di grande importanza nell’economia agrozootecnica del paese, per la vasta gamma di prodotti che se ne ottengono. Oggi la grande industrializzazione del settore suinicolo ha portato alla drastica riduzione dell’allevamento tradizionale fondato su razze locali fortemente legate alle caratteristiche e alla cultura del territorio, causando la perdita di preziose risorse genetiche formatesi con anni di adattamento ad un determinato ambiente.
In tutto il bacino del Mediterraneo per la specie suina, erano diffusi fino agli inizi del secolo, innumerevoli razze di suini e tipi autoctoni allevati per lo più allo stato brado utilizzando le risorse che offrivano gli ambienti marginali delle zone agricole del territorio.
In Italia fino agli anni ‘30 erano presenti 21 razze tutte derivate dal ceppo comune del Sus scrofa mediterraneus, caratterizzato dalla pigmentazione scura della cute che si differenziava dal Sus scrofa celticus caratterizzato da cute più chiara. Attualmente sono presenti sul territorio nazionale solo alcune razze come la Siciliana, la Mora Romagnola, la Cinta Senese, la Casertana e la Calabrese, anche se di frequente queste risultano inquinate da tipi genetici alloctoni
Nel territorio umbro, specialmente nelle zone marginali attualmente ascrivibili al parco Nazionale dei Monti Sibillini, era presente una popolazione suina allevata allo stato brado, della quale rimangono numerose testimonianze iconografiche. Attualmente questa razza risulta totalmente estinta. Tale suino era caratterizzato dall’essere di aspetto molto simile alla razza Cinta Senese in quanto presentava la tipica fascia bianca sul dorso anche se di dimensioni molto più contenute rispetto alla prima. Questa razza, proprio per le ridotte dimensioni della fascia bianca, era in loco denominata “Cinturino” e rivestiva una grande importanza per l’economia delle popolazioni rurali a causa della sua notevole rusticità. Le caratteristiche salienti di tale tipo genetico, come si evince dalle raffigurazioni rinvenute in diverse parti del territorio umbro, erano quelle di un suino dalla cute di colore scuro intenso, il corpo coperto di setole, il muso lungo e affilato dal quale sporgono vistosi i canini, coda arricciata e fascia bianca, che scendeva sottile all’altezza delle spalle per tutto il torace.
L’idea progettuale ha avuto avvio nel 2008 grazie ad un finanziamento erogato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto, con il quale è stato possibile costituire un primo nucleo (2 maschi e 4 femmine) a partire da esemplari di razza Cinta Senese, realizzato presso l’azienda agricola “Il Quadrifoglio” sita nel Comune di Norcia. Fin da subito, dopo le prime nascite si è avviata un'intensa attività di selezione dei suinetti destinando alla riproduzione solo gli animali che presentavano le caratteristiche fenotipiche desiderate. Questa prima fase della sperimentazione ha consentito la costituzione di un nucleo di riproduttori oltre la predisposizione delle strutture necessarie all’allevamento. La scelta della Cinta Senese come nucleo di partenza si spiega con il fatto che si è ritenuto plausibile che il suo pool genico fosse ampio al punto da consentire l’espressione di quei fenotipi che più si avvicinano alle caratteristiche volute.